Fonte: Storia in Network |
Questa tipologia di bunker fu realizzata per resistere
ai piccoli e medi calibri, furono costruiti in calcestruzzo con uno spessore
minimo di 60 cm. Nelle foto scattate si possono vedere quelli di media
grandezza rispetto alle tre tipologie esistenti in loco con postazioni
circolari mono-arma, armate principalmente da una mitragliatrice, che si
trovano su Monte Zai e Monte dell’Apa. mentre nella foto qui sotto su Monte dell’Apa
si scorge l’osservatorio, utile a tenere sotto monitoraggio continuo l’intera
area.
I bunker situati su Monte Zai presentano danneggiamenti compiuti dal fuoco dell’artiglieria americana e forse anche da qualche carro armato.
A qualche chilometro di distanza, invece, sul Ponte Dirillo si trovano ancora oggi delle postazioni circolari chiamate in gergo “in barbetta”, anche se meno protette delle postazioni a cupola, le barbette con i ricoveri erano più facili da riprodurre in serie e si potevano facilmente mascherare all’osservazione aerea nemica.Eppure, nella piana di Gela, ebbero il coraggio di avanzare coi moschetti e qualche mitragliatrice contro il fuoco navale, aereo e di artiglieria campale. Ricordarli è un modo per fare memoria di questi caduti e di rendere loro un po’ di giustizia.
I bunker e le casematte, oggi, sono un
museo a cielo aperto.
In questi luoghi si trovano Lapide commemorativa dedicata ai
militari anglo-americani che per ben due giorni dal 10 al 12 luglio del 1943 resistette alle forze
Alleate tra Monte Zai e Monte dell’Apa.
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